La costruzione del convento di Sant’Antonio iniziò nel 1710, in seguito alla donazione del terreno, da parte del duca don Domenico Bonito ai frati Francescani Riformati della provincia di Sant’Angelo, in Puglia.
Il 10 settembre 1710 il notaio Francesco Bianco di Pietradefusi fu incaricato di redigere la donazione di questo appezzamento di terreno. A distanza di tre mesi, nel dicembre dello stesso anno, nel convento di S. Giorgio La Montagna, l’Assemblea Provinciale, presieduta da Padre Francesco Antonio Marra Spinelli, deliberò il parere favorevole alla costruzione di un convento, in Bonito, intitolato a S. Antonio, con acclusa un’infermeria e una spezieria, tassando tutti gli altri conventi di 25 carlini ciascuno.
I lavori, subito avviati, procedettero spediti e si conclusero nell’arco di due anni. In una riunione tenutasi a Lucera, il 14 marzo 1712, dove era presente anche il definitore P. Tommaso da Bonito, venne eletto presidente del nuovo Ospizio P. Lodovico da S. Severino. A maggio arrivò il consenso della Santa Sede; il 29 settembre dello stesso anno giunsero i frati, inviati dal Vescovo di Ariano, che iniziarono, così, il loro apostolato nel paese. Il frate Arcangelo da Montesarchio, nella sua Cronistoria del 1732, parla di “un convento non ancora del tutto perfezionato, perché di recente costruzione, ma che si va completando con le elemosine dei fedeli, in cui vi abitano più di dieci religiosi. Non c’è ancora una chiesa vera e propria, ma una semplice cappella per celebrare la Messa; un bel giardino ma ancora da sistemare e da recintare”.
Il convento fu costruito a pianta rettangolare, con un bel chiostro ad archi a tutto sesto ed una cisterna al centro; questa era collegata direttamente alla cantina di modo che i monaci potessero attingervi l’acqua dall’interno dell’edificio, attraverso una piccola finestra, senza bisogno di uscire all’aperto. Ai lati del chiostro c’era una cucina, un refettorio affrescato e dei depositi. Una bella scala in pietra, con un affresco raffigurante la Madonna, al termine della prima rampa, conduceva al piano superiore, dove c’erano le celle dei monaci lungo i corridoi.
Ma il grave sisma che colpì Bonito, il 29 novembre 1732, distrusse praticamente il convento in funzione da pochi anni. L’evento, già tragico di per sé, fu aggravato dalla morte sotto le macerie, di tre francescani. Tutto il paese subì gravi danni e vi furono centocinquanta morti e trecento feriti.
Si riavviarono a fatica i lavori di ricostruzione, apportando qualche modifica e realizzando dei barbacani di rinforzo nella parte posteriore.
Tra i numerosi religiosi che abitarono il nostro convento, merita una menzione tra tutti, Padre Francesco Russo, morto in concetto di santità. Nato a Foggia il 13 ottobre 1801, fu ordinato sacerdote nel 1827 e condusse una vita mistica e penitente, dormendo a terra, senza coperte, pregando e predicando la misericordia di Dio. Si ammalò da giovane e soffrì senza lamenti, guadagnandosi l’appellativo di “monaco santo”. Morì il 1 aprile 1841 e restò esposto per tre giorni alla devozione dei fedeli, che facevano a gara per procurarsi cose a lui appartenute.
Un paralitico, Nicola Inglese, chiese la grazia di essere guarito, e poté subito appoggiare i piedi a terra. Recatosi dinanzi alle spoglie di P. Francesco, fu guarito completamente. Il cadavere del Padre, fino al terzo giorno, rimase elastico e colorito e addirittura, incisagli una vena, sgorgò sangue vivo. Fu sepolto nella sacrestia della chiesa.
Un altro ospite illustre, anche se come discepolo, fu un fanciullo arianese che diventerà poi sacerdote e famoso poeta, Pietro Paolo Parzanese. Egli fu inviato, bambino, intorno al 1815, presso il nostro convento per ricevere i primi rudimenti dell’istruzione da Padre Benedetto.
I lavori di fabbrica, all’esterno, pian piano erano andati avanti ed il terreno intorno al convento era stato recintato da un muro, con edicole agli spigoli con le immagini di S. Antonio e dell’Immacolata.
Ma in seguito all’Unità d’Italia, un decreto obbligò i frati a lasciare il convento anche se poi alcuni restarono come aggregati al collegio parrocchiale. Poi, con legge del 7 luglio 1866, fu ordinata proprio la soppressione del convento e l’incameramento dei beni ecclesiastici, facendo divenire l’edificio di proprietà comunale.
Il Comune, inizialmente, pensò di potervi trasferire i propri uffici e l’archivio, gli uffici della Conciliazione, della Congregazione di Carità e della Vice Pretura, nonché le scuole elementari ed “una scuola Dominicale per istallare nei rudimenti degli analfabeti i principi novelli di civiltà”, come si può leggere dal testo della delibera del Consiglio Comunale del 23 febbraio 1867, dettagliatamente riportata, insieme ad altre notizie, da D. Carlo Graziano nella sua “Storia di Bonito”. Anche il giardino annesso al convento si pensò di usarlo, nei progetti, come Orto Agrario Sperimentale, per migliorare le semenze e sperimentare la coltivazione di alcune piante.
Ma la vicenda andò un po’ avanti nel tempo, a causa di lungaggini burocratiche da parte della Prefettura, e solo dopo sei anni circa, il 12 gennaio 1873, il Fondo per il Culto consegnò al Comune di Bonito i beni dei Francescani Riformati. L’ala posteriore ed un locale al primo piano del convento, furono lasciati ad un fratello laico francescano, che fu incaricato della manutenzione della chiesa e della custodia delle suppellettili del convento stesso.
Il convento, quindi, fu adibito ad usi civili ed ospitò i Reali Carabinieri, l’Asilo Infantile ed una scuola di lavoro per la gioventù femminile.
Poi, purtroppo, ci fu il terremoto del 23 luglio 1930 che danneggiò gravemente il convento che fu riparato e modificato, aprendo un ingresso supplementare, utilizzato dalla caserma, ed invertendo la direzione della seconda rampa della scala, che dal chiostro saliva verso il primo piano. Alcuni infissi danneggiati furono rifatti, così come pure alcune porte delle celle, una volta dei monaci ed ora dei carcerati. Ai lavori contribuì generosamente la signorina Elisa Merola che donò una bella somma all’Asilo, che ricambiò simbolicamente, intitolandole l’aula scolastica. Inoltre, una parte delgiardino fu destinata a villa comunale. Le scuole restarono presso l’ex convento fino al 1956, quando fu inaugurato il nuovo edificio scolastico.
Poi con il terremoto del 21 agosto 1962, per il convento iniziò un inesorabile declino, poiché rimase in stato di abbandono deteriorandosi sempre più. A questo seguì ancora il terremoto del 23 novembre 1980 che inflisse un altro duro colpo al complesso religioso, oltre che, naturalmente, al paese tutto.
L’edificio rimase in completo stato di abbandono per molti anni ancora, ma fiero e ben saldo nella sua struttura settecentesca.
Poi, grazie ad un finanziamento regionale, furono intrapresi nel 2004 i lavori di recupero e restauro dell’edificio. Molte le modifiche apportate, anche per necessità, ma lasciato intatto il chiostro con la cisterna e la sua pavimentazione in pietra. Non vi è più traccia, però, degli affreschi certamente esistenti nel refettorio, né dell’affresco raffigurante la Madonna, sulla rampa di scale che conduce al primo piano. Attualmente è utilizzato per ospitare eventi sociali e culturali della comunità bonitese, quali convegni, conferenze, concerti, presentazioni di libri, mostre.
(a cura di Valerio Massimo Miletti)